L’organizzazione Aiart, rappresentante dei telespettatori cattolici, ha sollevato una richiesta di sospensione per uno spot pubblicitario di Amica Chips, motivando che questo possa urtare la sensibilità di numerosi fedeli cattolici praticanti.
Tale spot, creato dall’agenzia di pubblicità Lorenzo Marini Group per il famoso brand di snack, ha provocato diverse reazioni sin dalle sue prime apparizioni.
In esso, la narrazione si colloca all’interno di un contesto ecclesiastico, con un gruppo di suore e un prete come figure centrali. Il momento chiave avviene quando, a corto di ostie durante la celebrazione della comunione, una suora opta per sostituirle con delle patatine che aveva in tasca. La scena si intensifica quando, al momento della comunione, una delle novizie si trova sorpresa dal suono insolitamente croccante dell’eucaristia improvvisata.
Indignazione verso lo spot
Il presidente dell’Aiart, Giovanni Baggio, ha espresso profonda indignazione verso lo spot di Amica Chips, definendo l’associazione tra snack e ostia consacrata come “oltraggiosa” e una banalizzazione inaccettabile.
Secondo lui, la pubblicità rappresenta un tentativo disperato e inappropriato dell’azienda di guadagnare attenzione attraverso l’uso di immagini blasfeme.
In risposta, l’Aiart ha avviato una procedura presso l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, mirando a fermare la diffusione dello spot per violazioni del codice etico che tutela lealtà comunicativa, convinzioni morali, religiose, civili e la dignità individuale.
L’Aiart critica duramente lo spot dell’azienda produttrice di patatine fritte, sottolineando come la scelta pubblicitaria rifletta non solo una mancanza di rispetto e creatività ma anche una evidente difficoltà nel realizzare strategie di marketing che non si appoggino a simboli estranei all’esperienza di consumo e al piacere croccante del prodotto.
Per l’Aiart, offendere i sentimenti religiosi di qualsiasi fede dimostra un’insensibilità nei confronti degli spettatori, ignorando la loro identità culturale e morale nonché la dignità individuale.
Utilizzare riferimenti blasfemi per ottenere l’approvazione di un pubblico accomodante viene considerato un approccio degradante per chi opera nel campo della pubblicità, riflettendo la mentalità che privilegia la notorietà a discapito del rispetto e della sostanza.
La censura dello spot
L’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) ha valutato che la campagna pubblicitaria violasse l’articolo 10 del suo Codice. Questo articolo tutela le convinzioni morali, civili, religiose e la dignità individuale, indicando che la campagna non rispettava tali principi fondamentali.