Claudia Pandolfi, ha condiviso un video su Instagram poche ore fa, in cui si mostra in lacrime, profondamente scossa dai commenti ricevuti riguardo al film “Il ragazzo dai pantaloni rosa”.
La pellicola è ispirata alla tragica storia vera di Andrea Spezzacatena, un giovane di soli 15 anni che si tolse la vita dopo essere stato vittima di bullismo. Claudia interpreta il ruolo di Teresa Manes, la madre di Andrea, e ha ricevuto numerosi messaggi da persone che hanno subìto esperienze simili, messaggi che hanno toccato profondamente l’attrice. “Mi dispiace che abbiate dovuto affrontare questo dolore“, ha dichiarato Pandolfi, mostrando un lato molto personale e vulnerabile.
Le parole cariche di emozione di Claudia Pandolfi
“Non ho mai parlato direttamente in questa maniera alle persone che mi seguono sui social. C’è sempre stato un certo distacco da parte mia“, così ha esordito Claudia Pandolfi nel suo video su Instagram.
L’attrice ha deciso di rompere questa distanza in risposta all‘ondata di messaggi ricevuti dalle persone che hanno visto il film. La sua emozione è evidente: in lacrime, ha parlato del dolore di leggere le testimonianze di chi, come Andrea, è stato vittima di bullismo.
“Sto leggendo così tanti messaggi da parte vostra, voi che siete andati a vedere ‘Il ragazzo dai pantaloni rosa’, e sto leggendo così tanta gratitudine”.
LEGGI ANCHE: Renato Zero racconta il bullismo subito e le domande al padre “Ma non ti vergogni di avere un figlio così?
Claudia si è lasciata andare all’emozione, con le mani sul viso rigato di lacrime, esprimendo tutto il suo dispiacere per la sofferenza altrui. Ha concluso con parole semplici ma toccanti: “Mi dispiace che accadano cose così sgradevoli, mi dispiace che abbiate dovuto affrontare tanto dolore nella vita. Piango perché, sì, ho tanti dubbi. Mi dispiace. Grazie per quello che scrivete”.
Un messaggio di consapevolezza per tutti
Claudia Pandolfi ha sempre mantenuto un profilo piuttosto riservato sui social, ma questo film l’ha spinta a condividere una parte di sé molto intima. La sua interpretazione della madre di Andrea ha scosso molte persone, non solo chi ha vissuto esperienze simili, ma anche chi si è reso conto della gravità del fenomeno del bullismo.
La vulnerabilità di Claudia ha mostrato quanto profondo possa essere il dolore causato da queste storie, e come l’arte possa diventare un veicolo potente per la riflessione collettiva.
“Il bullismo è una piaga sociale, riguarda tutti”
In un’intervista rilasciata a Vanity Fair lo scorso ottobre, Claudia Pandolfi ha parlato dell’importanza del film e del suo impatto sulla società. Ha affermato che il bullismo è una piaga sociale che tocca tutti, e per questo motivo ritiene fondamentale sensibilizzare sia i giovani che gli adulti.
“Questo film lo farò vedere anche al più piccolo dei miei figli”, ha dichiarato l’attrice, sottolineando l’importanza di affrontare il tema fin da piccoli. Ha inoltre suggerito che sarebbe utile introdurre la visione di film come questo nei corsi pre-parto, per preparare i genitori a comprendere le dinamiche che possono portare a situazioni tragiche come quella di Andrea.
L’indifferenza al dolore alimenta il dolore stesso
L’attrice ha anche ribadito come raccontare la storia di Andrea sia un dovere morale. Il film è un tentativo di dare voce a chi non ne ha avuta, di far riflettere e forse, nel migliore dei casi, di prevenire altre tragedie simili.
Proprio nei giorni dell’anteprima del film erano emerse non poche polemiche: durante la proiezione del film al Festival del Cinema di Roma alcuni studenti hanno disturbato la visione con insulti omofobi. Parole offensive come “gay di m**da” e altri commenti crudeli hanno scosso profondamente Teresa Manes, la madre di Andrea Spezzacatena che ha deciso di denunciare l’accaduto sui social.
Ma l’eco della polemica non si è fermata alla capitale. A Treviso, un gruppo di genitori ha chiesto che la proiezione del film per gli studenti venisse annullata, temendo che il contenuto potesse avere “influssi negativi” sui loro figli. Com’era prevedibile questa decisione ha sollevato numerose critiche: lo stesso sindaco di Treviso, Mario Conte, ha sottolineato come si sia persa un’importante occasione di discutere temi cruciali come l’omofobia, la depressione e il suicidio giovanile. Evitare il confronto non è la soluzione, ma contribuisce invece a perpetuare l’ignoranza e la paura.
La speranza è invece che, raccontando queste storie, si possa sensibilizzare più persone, spingere a un cambiamento culturale, e far sì che nessun altro giovane debba mai più sentirsi così solo e disperato da non vedere un’altra via d’uscita.