Il “consolo” è una tradizione radicata soprattutto nel Sud Italia, un rito di profonda solidarietà che coinvolge parenti e amici del defunto, portando cibo come segno di vicinanza e affetto.
Si tratta di un gesto che va oltre la semplice offerta di cibo: è un modo per condividere il dolore e fornire sostegno emotivo e pratico in un momento di grande sofferenza. La pratica del consolo varia nelle diverse regioni, con influenze e peculiarità locali, ma è sempre un atto carico di amore e rispetto verso chi ha subito una perdita.
Il legame tra cibo e morte: un’antica tradizione
Il legame tra cibo e morte è presente in molte culture del mondo e affonda le sue radici nell’antichità.
Dai banchetti funebri degli antichi Romani, come il “silicernium” e la “coena novendialis”, alle offerte rituali degli Egizi, il cibo è sempre stato un mezzo per onorare i defunti. Durante il Medioevo, il cibo assunse un significato ancora più mistico: il pane lievitato sul corpo del defunto, consumato dal cosiddetto “Mangiatore di Peccati”, aveva il compito simbolico di assolvere il defunto dai suoi peccati, unendo così il nutrimento terreno al passaggio spirituale.
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Queste tradizioni sottolineano come il cibo sia stato storicamente utilizzato per affrontare la morte, sia per confortare i vivi che per rendere omaggio ai defunti. Ancora oggi, il consolo rappresenta una continuità di questi antichi riti, sebbene in forma più intima e personale.
Il consolo oggi: un gesto d’affetto e condivisione
Oggi, il consolo non è un banchetto solenne, ma piuttosto un gesto semplice e sincero che mira a sostenere i familiari del defunto. Fin dal primo giorno, i parenti e gli amici portano cibo nelle case dei cari colpiti dal lutto, iniziando spesso con una colazione speciale che rappresenta un momento di raccoglimento e vicinanza.
In Campania, ad esempio, è ancora diffusa l’usanza di offrire caffè e zucchero, un piccolo ma significativo gesto che simboleggia la disponibilità a condividere il peso del dolore e a fornire energia in un momento di estrema stanchezza.
Il cibo portato varia molto: i parenti più stretti possono arrivare con pietanze calde e confortanti, mentre amici e colleghi scelgono spesso generi alimentari non deperibili, da utilizzare quando necessario. La tavola si riempie di mozzarelle, gattò di patate, pizze appena sfornate, sfogliatelle e caffè fresco, tutti alimenti che aiutano a lenire, anche se solo in parte, il dolore della perdita.
Questo atto di condivisione rappresenta un ponte tra chi resta e chi non c’è più, un modo per mostrare amore in un momento in cui le parole spesso non bastano.
Una tradizione radicata nel sud Italia
Il consolo è una pratica profondamente radicata non solo in Campania, ma anche in regioni come Sicilia, Puglia, Calabria, Sardegna e Basilicata. In alcune aree del Centro Italia, come l’Abruzzo, sopravvivono tradizioni simili, anche se meno diffuse. A Napoli, ad esempio, è celebre la “moka dei morti”, una caffettiera tramandata di generazione in generazione, utilizzata esclusivamente nei giorni di lutto per preparare il caffè che accompagnerà la veglia.
Nelle regioni del Centro e Nord Italia, queste usanze si sono in gran parte perse, ma in molti altri paesi del mondo pratiche simili sono ancora ben radicate. Negli Stati Uniti, ad esempio, il ricevimento funebre è un momento di commemorazione in cui si condividono cibo, bevande e ricordi del defunto, in un’atmosfera che, nonostante la tristezza dell’occasione, ricorda per certi versi un evento familiare e caloroso.
Il consolo come momento di comunità
Il consolo quindi è molto più di un semplice atto di portare cibo: è un momento di comunità e di supporto collettivo, un modo per ricordare che nessuno è solo nel proprio dolore.
Questa tradizione, che resiste al passare del tempo, ci ricorda l’importanza del sostegno reciproco e della solidarietà in momenti di difficoltà. Anche in un mondo sempre più individualista, il consolo rappresenta un prezioso esempio di come l’affetto e la vicinanza possano manifestarsi nei gesti più semplici, come quello di condividere un pasto con chi soffre.